diario di un'italiana in ghana

The small baby boy e that man who lived there

Di nessuno dei due conosco il nome, ma non ha importanza perché sono (erano) persone senza nome. Senza storia, senza futuro. Condividono il Paese di nascita, il giorno della morte.

Del resto anche la gente del posto riferendosi a loro non li chiama per nome, ma: the small baby boy, e that man who lived there…

That man… aveva tra i trenta e i quarant’anni, viveva solo, non aveva un vero lavoro e si ubriacava spesso. Troppo spesso. Lo hanno trovato morto nella sua misera abitazione, fatta di materiale locale e lamiera. Lo hanno trovato dopo tre giorni solo perché il cattivo odore del corpo in decomposizione (e sotto questa calura) aveva cominciato ad allarmare chi passa di lì ogni giorno. Se non fosse stato per quello sarebbe passato ancora più tempo.

No, non era solo nel paese, aveva dei parenti, fratelli. Ma qui è così, le parentele non sono per sostenersi a vicenda. Ognuno corre la sua corsa solo. E se ha successo (!) viene invidiato e chi stanno alle calcagna per spillargli quel poco di guadagno. E quando muore, muore solo. Comunque that man se l’è proprio andata a cercare. Troppo bere, niente sale nella zucca. Anche se mi domando sempre: aveva altre chance?

The small baby boy non se l’è andata a cercare (seppure il suo karma era lì ad attenderlo). Avrebbero fatto meglio a lasciarlo nel limbo dov’era aspettando di nascere. Ma lui è nato proprio qui. Aveva meno di tre anni. Il padre è un nullafacente che si arrangia vendendo stracci al mercato, la madre è una povera ragazza senza speranze. Aveva gia’ un figlio lasciato alla famiglia quando quest’altro l’ha messa incinta. Lui ne aveva gia’ due con un’altra e quando the small baby boy aveva neanche un anno se n’è trovata un’altra più in salute e più fresca e l’ha portata a vivere sotto lo stesso tetto. Neanche la casa che lui avrebbe dovuto assicurare alla famiglia, ma sotto il tetto di una zia. Ed è ad un’altra zia che hanno affidato il bambino quando la sua malattia è diventata molto seria.

No, non sono andati da un medico, ma da uno stregone locale, perché la prima cosa che hanno pensato è di essere vittima del cosiddetto juju, sorta di malocchio in cui gli Ewe credono moltissimo. E quindi il juju si combatte con le stesse armi. Mica con le medicine. Quando si sono decisi a portarlo in un ospedale (almeno e’ quanto mi hanno detto) i medici non hanno capito cosa avesse…

L’ultima volta che il padre è andato a vedere il bambino (o forse era solo lì per caso) si è persino meravigliato che fosse ancora vivo. Ora non lo è più. Non vedo piangere nessuno. Mi dicono che anche la mamma è molto ammalata. Del resto l’ultima volta che l’ho vista era magra come un chiodo e aveva lo sguardo così infelice. Ora penso: avrei potuto prenderlo io, the small baby boy, e poi tenermelo, tanto non importava a nessuno. Ma devo stare attenta a non farmi prendere da queste tentazioni. Non ora. Bisogna capire per imparare a interagire. E giudicare o trovare la soluzione che sembra la più ovvia e giusta a volte non è la strada.

Non vedo piangere nessuno. Credo non ci sarà nessun funerale. Stanno semplicemente pensando a un posto dove seppellirlo. Punto.

Ciao the small baby boy.

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