diario di un'italiana in ghana

Stand up for your rights

Puntate precedenti –  Andiamo ad Accra in una zona dove realizzano e vendono mobili in bamboo (che, tra parentesi, sono soprattutto i bianchi a comprare. I ghanesi, anche quelli con i soldi non li considerano granchè, a meno che non si tratti di arredare luoghi frequentati da turisti).

Uno dei tanti venditori dell’area dice: siete passati tante volte ma da me non avete mai comprato niente. Ok, è giusto, facciamo lavorare anche lui. Ordiniamo due letti singoli per gli ospiti che verranno nel nostro Bed&Fufu/Bed&Pizza. Ovviamente chiede una caparra. Dopo qualche anno di frequentazione del Ghana mi sono fatta un pochino più furba, così gli lascio 60 Ghana Cedi su 250. E mi faccio fare una ricevuta. Tempo di consegna: due settimane.

Durante questo periodo telefoniamo per accertarci che il lavoro sia in corso. Poi, trascorse le due settimane, che sia pronto. Una volta il tipo dice che è stato malato, una volta non risponde, una volta di non preoccuparci, e ancora che al momento è impegnato ma richiamerà lui nel giro di mezz’ora. E avanti così… Passa un mese, durante il quale cresce la rabbia (solo quella per fortuna, perché a differenza dei primi tempi quando mi accadevano cose simili, ora non mi sento più frustrata).

È tempo di agire. Partiamo come due soldati in missione. La consegna per la truppa (che saremmo io e Yaw) è: restituzione della caparra ad ogni costo.

Situazione –  Siamo ad Accra, nei pressi del posto (è all’aperto, e i mobili pure) dove lavorano e vendono il bamboo – Cantonments nei pressi del Kumoji Hospital.

Yaw mi dice: cammina dietro di me, perché appena ci vedrà arrivare è molto probabile che cerchi di nascondersi. Ed è proprio così! Ma è un attimo, Yaw vede da lontano il suo tentativo e in pochi secondi lo blocca. “Dacci indietro i soldi”. E lui che fa? Mica chiede scusa o cerca un’altra scusa… No, si fa arrogante e anche aggressivo. Manco ci fossimo messi d’accordo per quel segnale io e Yaw carichiamo le nostre armi. Ed è guerra. Lo aggrediamo (naturalmente a parole e – soprattutto Yaw – anche a gesti). Io divento una belva: “non ci provare nemmeno, bugiardo che non sei altro, voglio indietro la caparra” e quando insiste nella sua vigliacca modalità lo avverto: “chiamo un tro-tro e gli faccio caricare quello che voglio, divano, sedie, cestini… da qui a mani vuote non me ne vado”.

I suoi lavoranti, colleghi o chessò io, si avvicinano tutti, cercano di calmarci, ma a nessuno viene in mente di suggerire a quello stupido uomo di ridarci la caparra e stop. Lui impreca, o non so cosa, in Twi, io gli dico “parla in inglese”. Le voci salgono, altri venditori si avvicinano e gli faccio scappar via anche qualche potenziale cliente che, ascoltando quello che dico, non se la sente di rischiare anche lui.

Intanto si avvicinano due poliziotti che erano nei pressi, una giovane donna e un uomo vicino alla pensione. (Prima di arrivare lì avevo detto a Yaw – se non ci vogliono ridare i soldi chiamo la polizia. E lui – meglio di no, l’uomo del bamboo potrebbe “convincerli” a stare dalla sua parte). Spieghiamo ai due poliziotti l’accaduto e mostriamo la ricevuta. Loro chiedono: ma ora i letti sono pronti? Che domanda, ovviamente no.

Quello anziano si prende da parte Yaw (che ora non lo ferma più nessuno) e gli chiede: Are you an Ewe man or a Twi man? Che domanda è questa, gli risponde “this is not a tribal matter”. E l’uomo insiste: “you are a black man, treat your black brother well. Give him more time and come back again in a week time”. Parole che rendono Yaw più furioso, vogliono dire imbrogliare me, a white woman, per favorire l’imbroglione, ma pur sempre a black man.

E Yaw insiste: “se avessi rubato 60 Ghana Cedi mi avresti arrestato e sarei stato giudicato un ladro…”. Non fa una piega.

Intanto, più distante, dico alla giovane donna poliziotto: “What’s the meaning of the law if there is no right, if there is no rule? What’s the meaning to have this receipt?” Sono arrabbiata, ma anche calma.

L’atmosfera è calda, caldissima. Due potenziali clienti, black people, si avvicinano per chiedere il prezzo di qualcosa. Le mie parole li allontanano. Glielo ripeto all’uomo stupido, ai suoi compagni e ai poliziotti: non me ne vado di qui senza i 60 Ghana Cedi. La poliziotta gli dice – in un modo che capiscono solo loro – di ridarmi i soldi indietro. Lui, alla fine, me li dà. Con rabbia. Io gli do la sua ricevuta e lui la strappa. Con rabbia. L’atmosfera è ancora caldissima. Ora cominciano a minacciarsi a vicenda. Ma finisce lì.

Ci allontaniamo verso gli altri “negozi”. Contrattiamo con uno da cui abbiamo acquistato altre cose, ben fatte, molto serio. Ma non ce la sentiamo di lasciare caparre e il prezzo dei letti non sta nelle mie tasche. Qualche metro più in là vediamo un letto già pronto. Spunto il prezzo che voglio. Corsa alla stazione dei tro-tro, uno dei responsabili del movimento tro-tro (non so proprio come definire la sua attività) ce ne procura uno. Andiamo, lo carichiamo e via. Quattro ore circa di viaggio e il letto è qui, mi piace molto, ci dormiranno i nostri ospiti che ora ne conoscono la storia.

Morale – Decidi quello che vuoi, mantieni la calma e stand up for your rights.

letto bamboo

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