Da quando sono qui se ne sono andate quattro persone. Con alcuni legata da legami di parentela, con altri legata da legami di amicizia, di scelte, di fede.
La morte è strana, la morte è intelligente. Quando non calpesti il suolo che le persone stanno calpestando prima di andare, hai l’impressione che non sia mai accaduto. Devi pensarci e ripensarci … non c’è più, non è più a Napoli, o a Roma, o a Bologna, o a Firenze. Non c’è più.
Questo pensiero in realtà l’ho sempre fatto. Perché la morte è così difficile da affrontare. Così difficile da credere. Anche quando mi è accaduto di esserci, dovevo pensare: non c’è più, ma in quel caso era diverso. C’era la prova e la prova non era il corpo, ma il fatto di essere anche io lì, nello stesso identico luogo dove la morte era venuta.
Così però è diverso. E la cosa più dolorosa è sapere che davvero quelle persone non le rivedrai più, anche se avessi il tempo di tornare velocemente non le rivedrò più. Anche se avessi avuto modo di tornare in un lampo. Non le rivedrò più.
La morte è intelligente e scherzosa: fa piazza pulita delle cose superflue, ti offre ricordi sintetici ed essenziali delle persone che ha visitato mentre tu non c’eri. Ti offre immagini dimenticate, sorrisi scambiati, emozioni provate. E il tono della voce…
Le parole non dette cerca di portarsele con sé, perché lei sa che non servono. Servono questi ricordi veri, non immaginari. Servono. In qualche modo servono.
E intanto ricorre il sogno che Marco in realtà è vivo e per un’incomprensibile ragione si nasconde. Per tornare un giorno. Questa però non è l’intelligenza della morte. Questa è la mia malattia.
Categorie:diario di un'italiana in ghana
Bellissimo, a Ruggeri sarebbe sicuramente piaciuto. Poi però ti avrebbe chiesto, con quel suo inconfondibile sorriso ironico: di quale Marco stiamo parlando?
"Mi piace""Mi piace"