diario di un'italiana in ghana

Ebola? Si combatte con l’esercito

La domanda è: ma davvero c’è bisogno dell’invio di truppe militari per “combattere e battere” l’ebola? Lo ha annunciato Obama, tirato – si dice – per la giacca dal presidente della Liberia, Ellen Johnson Sirleaf. La Liberia è il Paese più colpito dal diffondersi del virus – 1.459 morti sul totale di 2.600.

Anzi, accusato di non aver fatto finora abbastanza per venire in soccorso dei Paesi africani su cui si è abbattutto questo inferno, Obama ha dovuto prendere una decisione incisiva. Tra i militari ci sarannno (anche) medici, ingegneri, personale esperto di logistica, etc- etc. Ma, perché militari, perché non civili con le stesse qualifiche e competenze?

Che, forse, la domanda giusta sarebbe: cosa nasconde l’invio di militari?

USAID, l’Agenzia di Stato per gli aiuti internazionali ha già mobilitato fondi e personale per l’invio denaro, ospedali da campo, kit sanitari e altro materiale medico. Non basta? Secondo gli USA no, non basta, c’è bisogno di una presenza militare.

Non è che questa è per la Liberia – e chi verrà dopo? – il prezzo da pagare? Aiuti in cambio di  una “presenza”, appunto, più massiccia in quella parte dell’Africa.

Lasciamo le domande. E consigliamo questo articolo del New York Times. Molto accurato – anche nelle infografiche – sulla situazione fino a questo momento quando sono più di 5.300 – da marzo – le persone ad aver contratto l’ebola in Guinea, Liberia, Nigeria, Senegal e Sierra Leone. Di queste più di 2.600 sono morte. La più grave emergenza dal primo caso scoperto nel 1976.

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