La vita raccoglie l’eterno e scarta il transitorio. È scritto in un libro di qualche anno fa di Nadine Gordimer.
La sento questa frase. La so, la riconosco.
Però sentirla con i sensi non aiuta sempre ad essere più saggi. Nè più attenti. Non aiuta a tralasciare le frasi superflue, le arrabbiature superflue, i mali superflui. Quelli che ci si procura convinti dell’importanza assoluta – quando invece è relativa – di quello che si desidera, si dice, si crede. Si pensa di credere.
La vita non vuole parole stupide e inutili. Sovrabbondanti. Non vuole eccessi di senso. Non sa proprio cosa farsene. La vita scarta il superfluo, ma soprattutto scarta il transitorio. E rimane vita comunque. La vita scarta la morte, che è transitoria, e le dice di ripresentarsi dopo un po’. Chè tanto, alla vita la morte non fa paura. È transitoria. La vita la morte la osserva da lontano, ci gioca, la blandisce e le dice: ma sì, vieni pure, che poi sparisci anche tu. E io ritorno.
La transitorietà è l’unica voce vera e salda in quest’impermanenza che mai vuol dire morte. È l’unica certezza che possiamo salutare senza ipocrisia. Tutto il resto … è niente.
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