Liberarsi, liberarsi del superfluo. È strano come questo possa risultare semplice con la lontananza dalle cose (almeno per me) e difficile quando le cose le vedi, ce le hai lì sottomano e le guardi e tocchi quando vuoi.
L’essere umano è un paradosso, una contraddizione che diventa mare calmo in cui lasciarsi cullare.
Ho aperto i cassetti – prima o poi dovrò farlo – e ho cominciato lo scarto. Cose che non mi entrano più, altre che non ho fatto in tempo a indossare per tante che ne avevo, altre ancora dimenticate. E mentre lo facevo – scartare e buttare via – pensavo: questa roba è invecchiata nei cassetti, io almeno invecchio alla luce del sole. E del sole d’Africa che è anche meglio.
Sì, non è la giovinezza e il passato che sto buttando via. Quello che sto buttando via è la vecchiaia. Pensieri stinti, passioni superate, istanti di vita fermati agli incroci e mai più ripartiti. E tanto disordine.
Liberarsi dalla vecchiaia, dai propri oggetti, può essere assai doloroso, ti sembra di gettar via la vita, di tradirti o meglio di tradire il tuo passato e chi ne faceva parte. Che fesseria. Liberare la mente passa dal liberare gli spazi.
Ecco, forse è per questo che in Africa mi sento così bene, a mio agio. Liberi spazi, libera mente.
Butta Antonella, butta via. Che tanto non occorre quasi nulla.

a small section of my wardrobe in the civilized world – una piccola parte del mio armadio nel mondo civilizzato
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