Ho ritrovato questa. È del settembre 2008. Ero tornata da poco dall’Uganda. Il cuore batteva ancora forte per le emozioni e le esperienze. Mesi ricchissimi, potenti. Una svolta per me, devo dire.

Sì, dico ancora “Africa”. Ma sono le Afriche quelle che incontri, quelle che ti parlano mille linguaggi diversi, quelle che hanno bisogno di tutto lo spazio che hai a disposizione nella mente, nel cuore, nelle ossa per provare a capirle. O semplicemente, per farne tesoro.

La notte trascorre tranquilla, ma alla luce il mio sogno si risveglia. Vivo un presente fatto di odori e suoni diversi da quelli che gli altri avvertono. Vedo volti che nessuno intorno a me può vedere. Sono a casa, ma osservo un mondo che non è qui. Io lo osservo, ma questo mondo non riesce più a vedere me perché io l’ho lasciato.

Ero lì, ma sono andata via. C’ero, ma sono dovuta tornare.  Lì bambini scalzi continuano a sorridere, donne ammalate continuano a danzare, animali indomiti continuano a “proteggere” le savane dalle aggressioni dell’uomo. Lì il cielo tocca la terra e la terra è calda e rossa come il fuoco. Lì i colori sono accecanti e ti stordiscono. Oppure è buio…

Lì non esistono parole superflue e spesso non esistono parole. Lì si può vivere con niente eppure vivere. Lì puoi incontrare la tua Essenza e lasciarla da qualche parte ad aspettare. Ad aspettare il tuo ritorno.

L’Africa mi aspetta. Io l’avevo aspettata tanto e poi finalmente sono andata ad incontrarla. L’Africa mi aspetta, ma io non la lascerò aspettare a lungo.

L’Africa è qui, nei miei giorni, e non vuole lasciarmi, e non vuole lasciarsi dimenticare. L’Africa è qui con me a ricordarmi della vita che non cede a nessun ostacolo. L’Africa è con me. E mi tiene sveglia e consapevole in attesa del viaggio di ritorno.

Avevo portato a casa polvere e foto. Non perfette, ma importanti. Per me. Alcune sono qui.

Qui la versione inglese.