La mappa non è il territorio (Alfred Korzybski). La mappa è uno schizzo, un gancio e un aggancio, un’indicazione remota e anche imprevedibile. La mappa crea percorsi, dà sensi e indicazioni, ma smette di avere senso quando ci sei dentro, quando della mappa fai parte, ma nello stesso tempo non ci sei. Perché la mappa non ha cuore.
L’orientamento è quello dei grandi spazi, delle grandi linee di demarcazione, linee che si chiamano confini o città o quartieri o periferie ma che poi restano sorprendentemente labili, mobili. Mobili come chi le attraversa.
La mappa non è il territorio. Il territorio ha anima, persegue il mutamento, accoglie il viaggiatore. La mappa non spiega nulla, forse mostra. Qualcosa, molto poco. Il resto è cammino, scoperta, rottura, crollo di pregiudizi e inibizioni.
La mappa non è territorio soprattutto in territorio africano. In questo continente le mappe rimangono afone e giochi geometrici – spesso venuti male –. Ma il territorio, quello sì che parla, che urla, che ti attrae e a volte ti respinge. Il territorio, quello sì che è tutto da scoprire. E con esso i suoi abitanti che sono essi stessi territori, tanti territori da scoprire.
La mappa ti dice dove sei, ma nulla dell’anima, del respiro, degli angoli e delle storie. Nulla dei posti più belli (e più brutti) che solo il cammino può incontrare. Nulla della vita.
La mappa si acquista, si legge, si studia. Il territorio si vive, si ama, ci si perde, può accadere… Si trova altro, non segnato sulla mappa.
Non sarà nessuna mappa a riconsegnarti alla strada, solo il cammino mostra da che parte andare, da che parte si vuole andare. Il resto è spazio vuoto. E nessuno può raccontarci lo spazio vuoto. Nessuno può riempire il nostro spazio vuoto. Noi soltanto.
Ecco perché la mappa è la stessa in tutto il mondo, ma il territorio cambia ogni giorno – cambia per tutti, ma non per tutti allo stesso modo – ed è quello che scopriamo viaggiando, muovendoci, conoscendo, parlando. E amando il nostro viaggio.
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