Qui dove sto felice non ci sono banche, non ci sono centri commerciali, non ci sono sedi di partito. Non ci sono neanche caserme e questure. Figuriamoci redazioni di giornali e tv.
È un problema avere acqua corrente e energia elettrica, questo è vero. Ma che l’uomo non viva e non trovi un modo per migliorare anche in loro assenza?
Qua dove sto felice è un piccolo villaggio. Anzi sono più d’uno. Remoti villaggi ghanesi dove solo chi ci è nato può vivere. Loro e qualche pazzo come me.
Voglio dire… sì è bella la scoperta, è bella la stravagante avventura e sono belle tutte le personali motivazioni che possono portare quaggiù. Ma viverci poi… Accidenti viverci è un tuffo indietro di centinaia di anni; viverci è il rischio (già più volte sperimentato) di ammalarsi; viverci è uno smarrimento continuo in una realtà – oh sì esotica – ma aliena, diversa, molto diversa dal mondo che si è lasciato.
Ma qui dove sto felice c’è un vuoto – spaziale e temporale – una bolla, un’assenza di gravità. Nessun limite ai sentimenti, nessun limite all’incontro, nessun limite alla scoperta. Si vive il piccolo e si scopre il grande. Si vive l’essenziale. E per essenziale non intendo poca acqua, poco cibo, poco intrattenimento, poche chance… Per essenziale intendo davvero essenziale.
Qui dove sono felice smetto di aver bisogno, di scalpitare, di pianificare. Vivere qui, nonostante tutto, è un gran vantaggio. Ci vuole disciplina, e occorre una grande gioia. Uno sforzo costante, ripagato con costanza.
E, caro Ghana, anche se insisti a vessarmi con la tua burocrazia corrotta e a intristirmi per l’assenza di sincerità nelle relazioni umane, ti sono comunque grata per i villaggi che continui colpevolmente a tenere ai margini e per la gente con cui condivido questi miei giorni.

Artista di spiaggia 1, Aflasco. Foto di Antonella Sinopoli

Artista di spiaggia 2, Aflasco. Foto di Antonella Sinopoli

Me & them. Selfie, Gyetiase.
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