Il passaporto era finito, così ho rischiato di restare in Benin.
In realtà il “rischio” non mi dispiaceva e comunque non c’era “rischio”, ma semplicemente l’invito (che poi era un ordine) a tornare indietro, sperare che in Benin ci fosse l’Ambasciata italiana (suppongo di sì) e chiedere il rilascio immediato di un nuovo passaporto.
Mi è successo alla frontiera con il Togo dove ho imparato che un visto richiede una pagina a sé mentre i transiti possono andare “a casaccio”.
Beh, in Benin si erano guardati bene dal seguire la regola (fretta, indifferenza?) e così avevano occupato UN’INTERA PAGINA con i due transiti. E quella pagina era l’ultima!
Insomma, contro la fermezza rude del poliziotto di frontiera togolese è servita solo la dolcezza (e chissà cosa si sono detti) del collega della parte del Benin. Amico dell’amico… che è un meccanismo che funziona sempre e dovunque nel mondo.
E così, il visto di reingresso in Togo ha trovato posto in una geniale quanto ovvia acrobazia geometrica, in una pagina già occupata.
Insomma, il passaporto mi è letteralmente finito. Il lasciapassare moderno, simbolo di libertà, ma anche schiavitù, giace nella mia borsa pieno come un uovo ma nello stesso tempo inutile.
Sono sempre arrivati “verso la fine”, i miei passaporti. Ma a questa fine così finita mai.
Adesso chissà se l’Ambasciata italiana in Ghana riuscirà a fare il suo lavoro e farmi un passaporto prima che – tra qualche giorno – passi la frontiera dell’aeroporto.
Non vorrei che mi rispondessero di tornare indietro, anzi di restare in Ghana perché… il suo passaporto è finito. Appunto.
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