diario di un'italiana in ghana

Donne, quando in Africa ti senti più sicura che a casa

[Questo è il mio sofferto ma meditato contributo alla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. Una violenza che non finirà mai se continueremo ad essere tolleranti e reticenti nel raccontare, prima che sia troppo tardi.]

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Sono anni che “frequento” l’Africa e non riesco a ricordarmi una sola volta in cui mi sono sentita in pericolo semplicemente perché sono donna. Né discriminata, né ridicolizzata.

In Africa, semmai – e purtroppo – il discrimine è dato da due elementi che non hanno a che vedere con il gender: soldi e potere. Che tu sia bianco o nero. Donna o uomo.

Tutt’altra situazione nella nostra civile Italia. Lì – se non fosse che sono una donna coraggiosa ma soprattutto consapevole – c’è da aver paura. E non c’è da aver paura se cammini di notte per strada o se decidi di andare sola in un locale. No, c’è da aver paura di coloro che dovrebbero amarti, proteggerti, ammirarti anche.

La paura che si forma e cresce tra le pareti domestiche. La paura del compagno, del padre, del fratello. E anche – va detto – la paura di tutte quelle donne, comprese le madri, che dicono: “Lascia stare. Non rispondere, non reagire. Gli passerà”. Perché la responsabilità è bene che se la prendano tutta, se i loro figli violentano, picchiano, aggrediscono. Care madri che avete reso i vostri figli più stupidi, più aggressivi, più arroganti, continuando a giustificare, coprire, accettare. Ovviamente a scapito delle donne di famiglia.

Non è ora di dire “Mai più” come molte campagne contro la violenza sulle donne dicono. È ora di dire “BASTA, IO NON COPRO NESSUNO”.

Non copro un padre, non copro un compagno o un marito, non copro mio fratello. E non giustifico, non accetto. E non perdono. Non più. Il perdono è un imbroglio, un inganno, una scappatoia. E, infine, un invito a rifarlo ancora. E infatti…

E non importa se la violenza è fisica o – dopo anni da quella – continua a manifestarsi con: “stai zitta tu!”, “sei femmina, devi fare questo e questo…”. È pericolosa, ugualmente.

Quando si  “perdona” ci si ritrova a vivere con la paura, perché perdono in certi casi vuol dire: chi fa del male non paga e può farlo ancora, e ancora e ancora, perché è lì tranquillo. Non ha subìto conseguenze della sua violenza e della sua arroganza e continuerà a pensare: ah, queste donne come sono stupide e sentimentali. Alla fine perdonano tutto.

Ma io – se sono qui a scrivere, per fortuna – dico: sei tu ad essere stupido e senza sentimenti. Arrogante e privo di chance per cavartela da solo, oggi e in futuro. Io sono libera. In Italia, in Africa, dovunque. E ti disprezzo (che vuol dire: ritenere indegno di stima). E se ho perdonato in passato era perché ero giovane (ma va bene così).

Mi piacerebbe tanto che tu fossi spedito – per chissà quale motivo – in Africa. Senza mamma a difendere e giustificare, senza cibo pronto sulla tavola, bollette pagate e donne vissute a “religiosi conforti e convinzioni” a inchinarsi davanti al signore/padrone. E accettare, giustificare, coprire.

Qui tutto questo non esiste. Strano eh? Ti farebbe assai bene. Ma per come sei non ne usciresti migliore. Ne moriresti. Perché le persone senza forza e coraggio sono così: deboli, arroganti, ignoranti e incorreggibili. Perché non sanno cosa sia la parola RISPETTO.

 

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