diario di un'italiana in ghana

Aiutiamoli a casa loro. Buona idea, potete cominciare da me

Aiutiamoli a casa loro”. Essì, si può essere anche d’accordo. Seppure questo concetto di “aiuto” comincia a risultarmi molto, ma molto ostico. E improprio. Improprio come tutto quello che c’è dietro “l’industria dell’aiuto.

Ma andiamo con ordine – anche se mi è difficile perché i pensieri che si connettono e corrono dietro quest’unico concetto sono tanti. Chi vuole “aiutarli a casa loro”? Di solito – mi sforzo di non generalizzare – ONG e Associazioni che hanno tutto da guadagnare nel “mercato degli aiuti”; razzisti e populisti – dài come si fa a non generalizzare in questo caso… mica posso nominarli uno ad uno, elenco troppo lungo…; persone che viaggiano poco, e se e quando sono viaggiatori mordi e fuggi, che la vita quotidiana e reale dei luoghi visitati manco la toccano di striscio. Sì, io credo che ci siano determinate categorie che rientrano nell'”aiutiamoli a casa loro”.

Ma questo “aiutiamoli a casa loro” quanto serve a “loro” e quanto serve invece agli altri? A noi? Mi si deve ancora convincere che le cose si fanno per nulla, c’è sempre una motivazione: da quella pura di “aiutare chi è più sfortunato di noi” a quella che “è un lavoro come gli altri” mascherato però da buonismo. Ma il problema, ripeto, è cui prodest? A chi giova?

Se c’è una cosa che mi fa sempre più rabbia da quando giro l’Africa e vivo in uno dei suoi Paesi è vedere tanti bei progetti falliti, imposti, irrealistici. Progetti voluti e finanziati da fondi che arrivano dall’Occidente – ONG, Agenzie varie, piccole associazioni -. Progetti, solo qualche volta sollecitati dalle comunità locali, che dopo un po’ li abbandonano o li distruggono (non volutamente, ma per mancanza di cura e interesse).

Perché sprecare tante energie e tanto denaro?

È vivendo qui che il mio mantra personale si contrappone all'”aiutiamoli a casa loro”.

Il mio mantra è “lasciamoli fare da sè”. Smettiamola di volerci occupare “a tutti i costi” dell’Africa, smettiamola di volerla salvare o di far finta di farlo (salvar da cosa, poi?), smettiamola con questo odioso paternalismo. Chiamiamo le cose con il loro nome e ammettiamo che siamo qui per prendere prima che per dare.

Io ci sono venuta per prendere, per esempio. Per prendermi un pezzo di vita, per costruirmi una parte di vita. Così come piaceva a me. Ma la lotta quotidiana qui rimane per me la sfida da affrontare, perché non è concepibile che un bianco abbia necessità e bisogni.

Un bianco è qui per dare, non per ricevere. Anche se prende a piene mani.  È  questo che abbiamo inculcato in secoli di paternalismo.

Che paradosso, vero? Come è un paradosso che sia qui da un lato per “aiutare” popolazioni locali e dall’altro mi trovi sola a lottare contro sistemi e burocrazie ghanesi che complicano così tanto la vita da farti pensare di desistere ad ogni istante. Se non fosse che niente e nessuno riesce a farmi desistere dalle sfide.

Sembra una condizione illogica la mia: da un lato presiedo un’Associazione che realizza progetti qui in Ghana, dall’altro critico chi lo fa. E poi c’è la parte che si sfianca ogni giorno per costruirsi un futuro attraverso ostacoli e barriere.

No, non è illogico. Non ho mai avuto idee più chiare da quando sono qui, alla faccia di chi progetta grandi cambiamenti per l’Africa a tavolino. Non ho mai capito meglio cosa voglia dire stare dall’altra parte della barricata: quella dove sei solo e devi cavartela. Non ho mai sviluppato meglio il concetto di “aiutiamoli a casa loro”.

Certo, la mia condizione non è equiparabile a un africano che senza arte né parte e passando da un deserto e prigioni e vessazioni varie arriva in Europa. Ma sono una donna che da sola e con un budget ristrettissimo è venuta in Ghana e ha cominciato la sua avventura. Qui ho trovato razzismo, burocrazie e ufficiali di governo pronti a abusare del loro potere. Qui, esausta, ho pagato bribe per avere quello che mi spettava. Ma il più delle volte non l’ho ottenuto. Qui ho anche apprezzato chi mi ha indirizzato verso le strade giuste e consigliato. Qui devo dire grazie agli amici italiani che mi hanno sostenuta, nonostante pensassero che fossi un po’ folle.

La cosa più strana per me era vedere crescere progetti finanziati dall’Associazione che in Italia rappresento e lottare e disperarmi perché per il mio progetto di vita dovevo fare da sola e persino combattere questa gente che voleva, e vuole ostacolarmi.

E allora? Qual è il senso di queste mie parole? Che non esistono sogni senza lotta. Non hanno senso idiote chiusure di frontiere. E nello stesso tempo non hanno senso aiuti paternalistici, erogati senza controllo e soprattutto senza conoscenza dei territori.

E non ha senso continuare a dire “aiutiamoli a casa loro”. Chi? Chi vogliamo aiutare? Io opterei per quelli che hanno volontà di progredire. Per quelli che puoi osservare crescere perché sei con loro a osservare questa crescita. Per quelli che invece di sedersi ed aspettare cominciano ad aiutarsi tra loro. E per loro stessi.

Quindi, se volete, potete contribuire a sviluppare quello che questa italiana in Ghana – io – ha già cominciato a fare senza aiuti. Sulla sua pelle.

Venite a trovarmi, venite a conoscere questo angolino d’Africa, questo microcosmo che contiene grandi insegnamenti. Non solo scoprirete un mondo, trascorrerete giorni di immersione nella vita, ma comincerete a pensare in modo diverso.

Aiutatemi a casa mia, in realtà aiuterete voi stessi. Qui da me ascolterete storie, come si faceva un tempo, alla luce della luna. E non sono storie da riviste patinate, non sono storie da consumare in fretta sui social. Non sono storie e racconti costruiti sulla base di pregiudizi e luoghi comuni sull’Africa. Sono le mie storie. Storie vere. Sofferte, vissute davvero. E per questo preziose.

Vi aspetto al Wild Camp Ghana. Vi aspetto in Ghana. Vi aspetto nella mia vita. Senza protezioni, senza pudori, senza bugie opportunistiche.

E venite anche voi dell'”aiutiamoli a casa loro”. Forse capirete perché ognuno ha il diritto di trovare la sua strada, di cambiare Paese, di mettere a frutto le proprie potenzialità, di vivere la sua vita come meglio gli aggrada. Proprio come a noi occidentali è concesso. Diritto di cui a tutti i costi vogliamo privare gli altri.

1 risposta »

  1. Ciao, ho letto quanto hai scritto oggi sul tuo blog e come altre volte le tue parole mettono all’angolo perchè sono “vere”!! Fanno pensare. Replicare senza rischiare di dire stuppidagini è difficile. La tua scrittura va “ascoltata”, “meditata” e poi semplicemente “VISSUTA”. Grazie Antonella

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