diario di un ghanese in Italia

Roma meravigliosa e il razzismo culturale

Meravigliosa, stupefacente, così grande, magica… Sono alcune delle espressioni che il “mio” viaggiatore ghanese non smette di ripetere. E come si potrebbe. Anche io, che Roma la conosco (più o meno e mai abbastanza) rimango sempre colpita della sua bellezza e magnificenza.

Mi domando come sia guardare le piazze, gli spazi grandi, l’arte ovunque e San Pietro, la mitica Fontana di Trevi, il Vittoriano, il Colosseo, (non continuo con le citazioni) per la prima volta. La prima volta non di un cittadino europeo comunque “abituato”, in un certo qual modo, alla bellezza. La prima volta di chi ha visto finora solo spiagge, bush, o città affollate di gente e di caos, puzzolenti e disorganiche.

Sono l’unico nero“, dice mentre giriamo in lungo e in largo Castel Sant’Angelo. E si capisce da questo quanto sia difficile per un africano viaggiare, fare il turista, conoscere il mondo così come noi facciamo. Tre o quattro donne africane (solo donne) le incontriamo e lui quasi le studia e appena ha occasione chiede da dove arrivano.

Ma sui Fori Imperiali, proprio mentre dice: “Qui non è come in Ghana, dove la gente ti sta sempre addosso, chiedendoti di comprare qualcosa, collanine, cibo, qualunque cosa“. Ovviamente intende che stanno addosso a me. Manco finisce di dirlo che si avvicina il primo africano, Kenya; il secondo, Senegal; il terzo, Senegal pure lui.

Con la scusa del Black and White – lui e me – vogliono che acquistiamo qualcosa: braccialetti, collanine etc. etc. Un po’ con furbizia, un po’ con arroganza. Quelli del Senegal si arrendono meno facilmente, c’è chi sa come diventare fastidioso. E allora gli vuole poco al “mio” viaggiatore a farsi un’altra idea.

Si vede che loro sono venuti con i barconi e non con un aereo“. Sintesi perfetta della differenza tra il viaggiatore culturale – che è raro sia un africano, a meno che non vive in Italia da lungo tempo – e del cosiddetto migrante economico.

Benvenuto nell’Italia dell’io speriamo che me la cavo. E del razzismo culturale.

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