Le due volte in cui ho visto il “mio” viaggiatore più felice è quando è stato fuori senza di me… 🙂
Una volta è andato a… Crispano (nell’hinterland napoletano), l’altro in provincia di Belluno. È tornato raggiante, entrambe le volte.
A Crispano – che uno evidentemente visita se viene in Italia 😉 – ci è andato tra l’altro con un amico che parla l’inglese come io parlo lo spagnolo, più o meno, ma pare che la difficoltà linguistica sia stata ampiamente superata da parole messe qua e là, gesti, sforzi da entrambe le parti e la gioia di stare insieme. Non solo è tornato con la consapevolezza che “A Crispano ci sono dei delinquenti” ma che c’è anche del vino locale buonissimo – che il nostro amico era andato appunto ad acquistare – e che il suo venditore – che ha pure un ristorante – non ti lascia andar via senza averti fatto assaggiare stuzzichini (sempre locali) che equivalgono a una cena. Ovviamente accompagnati dal suo buon vino.
Dal Bellunese è arrivato più o meno con lo stesso sorriso a 32 denti e gli occhi splendenti (stavolta della birra locale). La “scusa” in questo caso era andare a fare rilievi e a curare degli alberi ammalati, uno dei due amici è un agronomo. L’aria aperta, la cordialità dei suoi nuovi amici, imparare come si trattano gli alberi, la bellezza del paesaggio e la neve ancora visibile sulle cime delle Dolomiti hanno fatto la loro parte.
E comunque, ho scoperto che il “mio” viaggiatore è un “africano di montagna“. Non solo non ha mai sofferto il freddo – comunque non abbiamo avuto giornate proprio calde – ma i luoghi che ha amato di più (oltre Napoli eh?) sono state le montagne e le colline. Prima fra tutte la meravigliosa Monghidoro (Bo) e le valli circostanti, che ovunque ti volti lasciano senza fiato.
Ma ci sono altre due cose che vi racconto di questo viaggio.
Una riguarda le… carpe. Sì, le carpe, quelle che sono a decine, anzi a centinaia, nelle fontane della Reggia di Caserta. Prima mi ha domandato se qualcuno veniva a pescarle. Al mio no ha ripetuto la domanda per un paio di volte ancora. Per lui è inconcepibile che nessuno tragga vantaggio da quel ben di dio ingrossato ogni giorno di più da visitatori generosi. Alla fine, rassegnato all’idea che se ne restano lì a crescere e moltiplicarsi, ha cominciato a riflettere su quanto ci si sarebbe potuto guadagnare e ad assicurarmi che in Africa non potrebbe mai accadere che un pesce viva felice e contento in una vasca. “In Africa c’è troppa fame“, commento finale alle sue elucubrazioni.
L’altra cosa l’ho notata io, non lui che non conosce l’italiano, se non poche parole e frasi. Per raccontarla faccio degli esempi.
Autobus Padova, controllo biglietti, “sono due” dico io, “ah bene, il ragazzo è con lei?“. Magari con ci ha fatto nemmeno caso, ma mi ha ricordato che nella peggiore America e nemmeno fino a molto tempo fa, i neri li chiamavano boy, anche se avevano 60 anni e a indirizzarsi a loro era un ventenne.
Bar Napoli, addetto al banco, “per lei signora?” rivolto a me. “E tu cosa prendi?” rivolto a lui. Mah, magari voleva eliminare le distanze.
Queste cose si sono ripetute altre volte con qualche piccola variante. Non gliel’ho nemmeno fatto notare.
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