Parlare di umanità e con umanità. Parlare in favore dell’umanità. Fare il tifo per l’umanità. Non sono in pochi a farlo – anche se il rumore di sottofondo è assordante e spesso ci impedisce di percepire queste voci. Eppure, che fortuna! esistono.
Ti imbatti per esempio in quella di Papa Francesco che, confermando la sua originale rottura di schemi e convenzioni, un paio di mesi fa ha accettato di affidare uno dei suoi potenti messaggi ad una piattaforma in rete che accoglie voci che hanno davvero cose da dire e raccontare. Altro che sproloqui e inutilità. Insomma ti ritrovi il papa su Ted e ti metti ad ascoltare.
Ascolti perché, anche se non sei cattolico, il messaggio è chiaro e universale e certo non si rivolge ai cattolici. Si rivolge all’essere umano. Ascolti perché ritrovi principi che altre religioni, come il Buddismo, affermano da millenni – l’unicità tra noi e l’ambiente; l’armonia nei rapporti tra noi e gli altri esseri umani che si trasforma in saggezza, compassione, amore; la dignità di tutte le persone e di tutte le forme di vita; la creazione di valore come unica strada per “proteggere” l’umanità; la rivoluzione della propria esistenza per cambiare tutte le esistenze.
Tra qualche giorno, il 20 giugno, sarà la giornata del rifugiato – World Refugee Day -istituita dall’ONU. I dati ormai sono noti, almeno a chi ha un interesse a sapere. Gli sfollati al mondo sono oltre 65.3 milioni, 21.3 milioni sono rifugiati. L’86% di queste persone ha trovato accoglienza in Paesi a basso o medio reddito. Dunque, non nel fortunato Occidente. Lo dicono i tecnici delle Nazioni Unite.
Quello che dimentichiamo – o non vogliano sentire sulla nostra pelle – è cosa vuol dire essere una persona che ha bisogno di soccorso, riparo. Cerchiamo rifugio in un ospedale quando siamo malati, nella nostra casa quando siamo stanchi e magari fuori diluvia, in una chiesa se cerchiamo risposte e conforto, in un abbraccio quando ne abbiamo bisogno, in un bicchiere di vino quando siamo un po’ giù, o peggio soli e disperati.
Ci “rifugiamo” con naturalezza, senza rifletterci. Rifugi scontati e dovuti sono i nostri. A quanto invece sia difficile per 65.3 milioni di persone – ora magari saranno di più – non pensiamo granché. Non ci riguarda. Ci infastidisce. Se provassimo un po’ più di fastidio per i motivi che hanno generato il dramma di milioni di persone, forse ci sarebbe maggiore empatia. E umanità.
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