È di nuovo domenica e ancora vorrei parlarvi di musica. (Chissà, magari domenica e musica diventeranno prima o poi un binomio fisso su questo blog).
Una musica di dolore, ma anche di riappropriazione. Quella del Tanzania Albinism Collective. Donne, uomini, bambini di tutte le età costretti all’esilio – volontario o forzato – su una delle più remote isole dell’entroterra, all’interno del lago Vittoria, nella Regione dei Grandi Laghi. Si chiama Ukerewe ed è nota anche perché accoglie persone affette da albinismo.
Una tradizione, quella di portare qui in passato chi nasceva con questo “difetto”; oggi, una via di fuga per allontanarsi dagli assalti di chi ritiene che “pezzi del corpo” degli albini siano utili – e necessari – per pozioni magiche o cure di ogni sorta. Una vita tra pregiudizi, stigma, paura di essere le prossime vittime, la consapevolezza di non poter aspirare a una vita normale.
Qualcuno – il produttore Ian Brennan – ha scoperto quest’isola, queste persone, il loro talento, la loro necessità di raccontarsi attraverso quell’espressione così naturale che è il canto e la danza.
È nato così un progetto che ha dato vita al primo album di questo collettivo. Il titolo non poteva essere più evocativo e pieno di fiducia: White African Power. 23 brevi canzoni, di profonda atmosfera. Quella che vi propongo – da Soundcloud – si intitola “Life is hard” – La vita è difficile. (Per ascoltare il brano clicca sulla foto)
E per loro si è già aperta la strada dei concerti all’estero. La prima tappa sarà il Womad Festival in Inghilterra a fine luglio.
Tra l’altro è interessante che i membri del Tanzania Albinism Collective cantino non solo in Swahili ma anche nel dialetto dell’isola che va man mano scomparendo e che invece la loro attività artistica sta contribuendo a tenere vivo.
Per conoscere meglio questo gruppo ecco un breve documentario per la regia di Marilena Delli.

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