La Mauritania avrà presto un’altra bandiera. Al simbolo islamico della stella e della luna crescente su sfondo verde, verranno aggiunte due strisce rosse di egual misura in alto e in basso.
Le strisce rosse saranno lì a ricordare il sangue versato dai patrioti che si sono battuti per liberare il Paese dal regime coloniale francese.
Il simbolo, dunque “degli sforzi e sacrifici che il popolo della Mauritania hanno fatto – e ancora faranno – per difendere i loro territori“. Così si legge nella dichiarazione di Union pour la République, il partito di maggioranza a guida del Paese. La proposta del partito è stata fortemente sostenuta – molti dicono voluta – dal presidente Mohamed Ould Abdel Aziz.
A decidere sono stati però i cittadini attraverso un referendum al quale ha partecipato il 54% degli aventi diritto. Nel corso del referendum si è anche votata – tra le altre cose – l’abolizione del Senato a favore dei Consigli regionali. A votare il sì a questa riforma l’86% dei votanti.
Un referendum, con le relative riforme approvate, fortemente criticato dall’opposizione che aveva pregato i cittadini di astenersi. Contrariamente all’idea lanciata dal presidente che l’abolizione del Senato permetterà un risparmio dei costi pubblici, l’opposizione ritiene che invece gli garantirà più potere.
Intanto, ci si prepara ad accogliere il nuovo simbolo del Paese, la bandiera.
Forti, però, sono le critiche. Una di queste è il fatto di distrarre l’opinione pubblica su problemi più impellenti che riguardano la gestione del Paese e la vita dei suoi cittadini; l’altra riguarda i costi, che saranno davvero notevoli.
Cambiare la bandiera, infatti, vuol dire cambiare il simbolo su edifici, carte intestate, divise, uniformi, segnali vari, carte d’identità, etc. etc.
La Mauritania (nome ufficiale: Repubblica Islamica della Mauritania) è indipendente dal 1960.
Paese arabo del Maghreb è noto anche per la pratica della schiavitù. Questa fu abolita – ultimo Paese al mondo a farlo – nel 1981, ma è ancora di fatto largamente praticata e riguarda oltre il 20% della popolazione, vale a dire circa 3,5 milioni di persone. Molti di loro sono appartenenti al gruppo etnico degli Haratin.
Nel 2007 la pratica fu dichiarata un crimine. Anche questo non è servito a farla cessare.
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