Se in Ghana non puoi comprare neanche un pacco di Indomie allora sei veramente un poveraccio. Povero nelle tasche, intendo. Ma sei anche uno sfigato, perché si tratta del cibo dei giovani, degli africani che lavorano e non hanno tempo per stare in cucina, degli africani esterofili (anche nel cibo). Cibo da mercati e supermercati, dai pacchetti colorati e attraenti, facile da preparare – niente preparazione, in realtà – e da mangiare. Economico, soprattutto. Circa 1,50 ghc a pacchetto (circa 30 centesimi).
I noodles importati dall’Indonesia ormai decenni fa (hanno conquistato tanto il mercato africano che ora si producono anche in Nigeria) sono solo un esempio del cambio di alimentazione e di cultura dell’Africa Sub-Sahariana.
Una nuova storia – ormai in atto da tempo – che prevede catene di fast food, cibo confezionato, plastica e packaging bello o brutto che sia (utile o inutile che sia) e grasso in abbondanza, trigliceridi e diabete che la maggior parte delle persone non potrà poi curare per mancanza di mezzi o strutture specializzate. Ovviamente costa meno rimpinzarsi di questa roba che correre ai ripari quando il corpo ne ha fatto il pieno.
Ma bisogna stare al passo e soprattutto fare il gioco di piccoli o grandi investitori, L’Africa decide sempre meno, anche cosa mangiare.
L’agenda alimentare la decidono le multinazionali che acquisiscono terre a non finire (si chiama land grabbing) per coltivare come e cosa vogliono lasciando ai locali spesso solo briciole di terreno. La decidono le politiche e gli accordi di esportazione. La decidono persino i piccoli imprenditori. Chi può fermare chi ha deciso che agli africani piacciono (devono piacere) cibo in scatola, pizza e maccheroni precotti? Nessuno.
Era bello credere nella decrescita felice. Bello e, a quanto pare, utopico.
Finché potrò, mangerò fufu, che inchiattisce lo stesso, ma almeno è africano!
PS Ora c’è anche il fufu in scatola, facile da preparare e più igienico. Il fufu ridotto a polenta. Che vuoi farci, i tempi cambiano…
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