Un tribunale militare congolese ha condannato al carcere a vita 11 miliziani con l’accusa di aver rapito e violentato almeno 37 ragazze nel periodo compreso tra il 2013 e il 2016 in un villaggio della provincia del Sud Kivu.
Lo stesso tribunale ha poi stabilito una compensazione in denaro per ognuna delle vittime di violenza o per le famiglie, nel caso la ragazza sia stata anche uccisa.
È sicuramente una buona notizia. ma lo è solo in parte. Da anni, infatti, la regione è afflitta dal dramma delle violenze sessuali inasprite da un conflitto letale, tanto che – qualche mese fa – la RDC e in particolare la provincia del Nord Kivu – venne classificata come “la capitale mondiale dello stupro“. Undici condanne sono importanti, ma si dovrebbe trattare solo dell’inizio. Lo speriamo.
“Una vittoria per chi pensava di essere invincibile” ha commentato un esponente di Medici per i Diritti Umani.
Perché anche altri smettano di ritenersi invincibili e intoccabili, vorremmo assistere anche alla condanna di tutti coloro che sono stati inviati in missione su territori difficili per garantire la pace e si sono invece macchiati dei crimini più atroci, come lo stupro, appunto. Parliamo dei peacekeeper (di coloro responsabili del reato di violenza sessuale) e della questione aperta nella Repubblica Centrafricana.
Altrimenti siamo autorizzati a pensare che la giustizia ha una natura politica ed è amministrata secondo canoni che con il giusto non hanno nulla a che vedere.
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