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Investire in Africa? Utile guardare prima la Mappa del rischio 2018

Investire in Africa? Nell’Africa occidentale, in particolare. È un sogno per molti. Anzi, un’opportunità per tutte quelle imprese, aziende, multinazionali – ma anche singoli individui – che vogliono delocalizzare le loro attività, avviarne di nuove o sperare in un buon business che faccia dimenticare la crisi in Europa.

Ma che rischi ci sono ad investire in un Paese africano e a cosa bisogna stare particolarmente attenti per non mettere a repentaglio il proprio investimento (o il proprio sogno)?

L’istituto di consulenza globale Control Risks ha appena pubblicato la Mappa dei rischi 2018.

“Il 2017 è stato un anno difficile e turbolento per le imprese della regione occidentale, tuttavia, con la Nigeria in uscita dalla recessione e il rallentamento delle valute estere, assistiamo a un forte miglioramento dell’interesse degli investitori” ha detto Tom Griffin, senior expert per l’Africa occidentale, con sede a Lagos.

Un altro importante motore di crescita – continua Griffin – sarà la Costa d’Avorio, dove l’espansione economica è prevista – per il prossimo anno – intorno al 7%. Nel 2018, sono previste elezioni solo in pochi Paesi il che significa che la continuità prevarrà in gran parte con decisioni politiche che avranno il maggiore impatto sull’ambiente imprenditoriale.

In Nigeria, tuttavia – conclude l’esperto – anche se le elezioni presidenziali sono previste per il 2019, la campagna elettorale è già iniziata. L’incertezza che genera, così come la necessità di denaro contante che un’elezione comporta, significa che l’instabilità politica e le autorità di regolamentazione le cui azioni saranno difficili da prevedere, rimangono tra i principali rischi per le imprese nel prossimo anno “.

Ma vediamo quali sono i fattori di rischio comuni nell’area, individuati da Control Risks.

Terrorismo e militanza – I beni aziendali e gli staff rimarranno vulnerabili agli attacchi di gruppi militanti transnazionali o interni. In particolare, al-Qaeda e le sue affiliate continueranno a rappresentare una minaccia per gli operatori del Sahel, mentre l’industria del petrolio e del gas nel Delta del Niger in Nigeria rimarrà esposta agli attacchi di gruppi militanti interni. La mancata risoluzione dei problemi politici e socio-economici sottostanti alla radice di questi movimenti vedrà la minaccia persistere nel 2018.

Regolatori “irregolari” – Poiché i Paesi della regione, in particolare le economie dipendenti dalle materie prime, devono far fronte a crescenti pressioni fiscali, è probabile che agli operatori si presentino rappresentanti del fisco che rafforzeranno le normative locali, introdurranno termini fiscali più rigidi, rivedendo i contratti o imponendo qua e là multe alle società nella speranza di aumentare le finanze statali. Ciò causerà periodicamente controversie commerciali, problemi legali e la necessità per le imprese di interagire con le parti interessate del Governo.

Instabilità politica – Continue proteste di natura politica e socio-economica continueranno ad alimentare il malcontento popolare e il desiderio di un cambio di regime in alcune parti della regione. La candidatura per la rielezione del presidente camerunese Paul Biya nel mezzo di una continua crisi nelle regioni anglofone aggraverà le tensioni, mentre i cittadini togolesi continueranno a protestare per la fine della dinastia Gnassingbé che si protrae da 50 anni. Le proteste porteranno minacce alla sicurezza per le imprese, mentre i cambi di regime potrebbero portare a importanti cambiamenti istituzionali e complicare le attività di chi opera in quele aree.

Nuovi settori, nuovi rischi  Dal potenziale dell’offshore del Senegal all’embrionale settore minerario della Nigeria, alcuni Paesi dell’Africa occidentale incideranno – nel 2018 – su settori che prima non erano sviluppati. I potenziali investitori devono monitorare come evolverà la capacità dei Governi di sorvegliare questi settori e quali potrebbero essere i rischi associati a questi nuovi settori.

Rischi operativi permanenti – Molti dei principali rischi e sfide che le aziende affrontano nell’Africa occidentale sono gli ostacoli pratici nella vita quotidiana. Carenze o difficoltà nell’approvvigionamento di carburante, valuta estera, attrezzature e manodopera qualificata; i deficit infrastrutturali che persistono nella stragrande maggioranza della regione, come l’elettricità e i trasporti, continueranno a significare costi più elevati, maggiori richieste di risorse di gestione, un ambiente più difficile per aumetare il capitale e maggiore incertezza per le imprese rispetto ad altre regioni.

Infine, secondo il Report, molti Paesi in Africa – la Nigeria e il Camerun pr esmpio – affrontano la prospettiva di quella che potrebbe diventare una crisi del debito sovrano, un decennio dopo aver seguito l’esempio  del Ghana nell’ingresso nel mercato obbligazionario internazionale.

Il problema è generato da elevati livelli di indebitamento esterno, persistente incertezza sulla ripresa dei prezzi delle materie prime per finanziare i rimborsi e indebitamento per finanziare spese correnti. I Paesi che dipendono dalle entrate petrolifere sono particolarmente vulnerabili al debito che andrà a moltiplicarsi nel 2018.

In Nigeria e in Ghana, i piani dei pesanti prestiti per finanziare progetti infrastrutturali a lungo termine non genereranno entrate sufficienti per onorare i rimborsi del debito.

Tra l’aumento dell’inflazione e il calo dei prezzi del petrolio, i pagamenti per il servizio del debito della Nigeria – che nel 2016 sono raddoppiati raggiungendo il 66% delle entrate totali – rischiano di aumentare ulteriormente, mettendo a dura prova un budget già al limite. In Nigeria, con il Governo del presidente Muhammadu Buhari ben oltre la metà del suo mandato ma ancora lontano dal soddisfare molte delle promesse che l’hanno portato al potere e già in una nuova campagna elettorale, le imprese nel 2018 rimarranno profondamente sensibili all’instabilità politica e operativa.

2 risposte »

  1. Vero e falso allo stesso tempo. Vero perchè ci sono rischi geopolitici da non trascurare. Falso perchè chi stende questi report trascura sistematicamente i rischi macroeconomici di Europa e USA (chi aveva previsto la crisi dei Subprime? Chi prevederà lo scoppio della prossima bolla?) Credo che tutto dipenda da cosa intendiamo per “investire”. Sicuramente progetti di piccola-media dimensione e ben radicati sul mercato locale hanno una vulnerabilità differente dalla grande iniziativa (che, come molto spesso capita, arriva sull’onda di corruzione o semplici equivoci socio-culturali come le analisi di mercato fatte “all’europea” (quindi inaffidabili per i contesti in cui sono implementate). Comunque molto utile smontare il luogo comune “Africa Rising” che ha fatto prendere tanti muri in faccia agli illusi 🙂

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  2. Assolutamente Martino. I fattori da considerare sono molti e fanno tenute in conto anche le relazionji tra Stati, le circostanze non previste e l’intreccio di tali circostanze le une alle altre. (La famosa teoria del battito d’ali della farfalla…).

    Detto questo sarebbe il caso che “investitori sognanti” o quelli che pensano che tanto in Africa tutto si può, cominciassero a informarsi un po’. Ce ne sono che conoscono l’Africa come io conosco il Tibet – cioè nulla, o semplicemente quello che ho letto sui libri o in qualche articolo – e agiscono o parlano con l’arroganza dell’ignoranza e della superbia.

    Solo una conoscenza reale e diretta può arginare la piena dei luoghi comuni. E quello dell'”Africa Rising” lo combatto da tempo.

    Grazie per il tuo articolato commento! 🙂

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