Si chiama REFSY-CI (Rete delle donne sindacaliste della Costa d’Avorio ed è la prima organizzazione sindacale nel Paese – forse anche nel resto dell’Africa Sub-Sahariana – costituita solo da donne con l’intento di sottoporre al potere politico le necessità delle lavoratrici.
Ne fanno già parte 4.000 aderenti che rappresentano le più svariate professioni: commercianti, insegnanti, trasportatrici, persino sociologhe.
Eletta presidente Mariatou Guiehoa, 65 anni e 30 anni di militanza. Secondo l’esponente sindacale “le donne sono finora rimaste in secondo piano nei processi decisionali. Sono stati assegnati loro solo ‘contentini’ e nessuna donna era mai stata prima a capo di un sindacato“.
Come forse c’era da aspettarsi la reazione di altri sindacati, costituiti da uomini, hanno parlato del pericolo di “settarismo” (forse poco consapevoli – o colpevoli – che di settarismo magari bisognava parlare prima con sindacati e organizzazioni sempre a guida maschile).
Così come appaiono abbastanza paradossali queste dichiarazioni di Théodore Gnagna Zadi, presidente della Piattaforma nazionale che riunisce cinquanta di sindacati: “riconosciamo che ci sono ostacoli da superare, come il sessismo, il maschilismo e la fallocrazia, che sono realtà nel movimento. Ma questo non dovrebbe portare le donne a favorire la settorializzazione“. E ancora: “Il movimento operaio non è un movimento di convenienza in cui le donne ricevono uno spazio solo perché sono donne. Devono meritarselo“.
Con questi pesupposti una lotta dura e difficile attende le donne ivoriane e le aderenti al REFSY-CI che intanto hanno avviato una campagna a favore della copertura sanitaria per tutte le donne, ma che dovranno soprattutto lottare prima di tutto conto il maschilismo che le vuole a casa e sottoposte alle decisioni in cui si pretende che non mettano bocca.
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