Non è un periodo facile per i cittadini del Burundi e per le libertà di questo popolo.
Dopo anni di autoritarismo – almeno giudicato tale dall’esterno e dalle opposizioni – il presidente Pierre Nkurunziza dà prova ulteriore di accentramento del potere e culto della personalità affibbiandosi il titolo di “eternal supreme guide“. In realtà, promotore dell’iniziativa sarebbe stato il suo partito, CNDD-FDD.
Ma, per carità – dicono dal suo entourage – niente a che vedere con gli eccessi e l’immagine di entità suprema e intoccabile del dittatore nordcoreano Kim Il Sung. Anzi, si chiarisce dal partito: “Nkurunziza è la nostra guida, nostro padre, nostro consigliere“. Tutto qui.
Intanto il 54enne presidente che arrivò al potere nel 2005 dopo una sanguinosa guerra civile, si avvia a guidare il Paese fino al 2034. Un referendum costituzionale che si terrà a maggio – e che è stato fortemente voluto dal partito al potere – gli permetterà di candidarsi alle elezion del 2020.
La candidatura del 2015 per il terzo mandato provocò scontri e proteste e – seguire – una forte reazione da parte del Governo di Nkurunziza. I morti sarebbero stati almeno 1.200. Da allora il Paese vive nella paura. Si parla di 400.000 persone costrette a lasciare il Burundi, tra loro molti intellettuali e giornalisti.
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