Giro di vite sulla libera informazione e la libertà di espressione in Tanzania. Un regolamento da poco approvato stabilisce norme e limiti, ma anche un prezzo, per aprire online una radio, tv o un blog. E per tutti – compresi i blogger – servirà una licenza.
Il prezzo annuale fissato per un blog è pari a 930 dollari all’anno, in un Paese in cui il guadagno pro capite annuale si aggira intorno ai 900 dollari.
Riuscire a pagare questa cifra non è comunque garanzia di continuare la pubblicazione una volta avviata, visto che in qualunque momento il blog potrà essere chiuso nel caso si stabilisca che provochi “fastidio” o minacci di procurare “danni” alla società, incoraggi o inciti a crimini, metta a repentaglio “la sicurezza nazionale o la salute pubblica“. I funzionari dello Stato, censori di fatto, potrebbero in questo caso costringere a rimuovere i contenuti sotto accusa entro 12 ore, in caso contrario sono previste multe non inferiori a cinque milioni di scellini (pari a 2,210 dollari) o un anno di carcere.
La nuova normativa prevede, inoltre, che negli Internet café vengano installate telecamere di sorveglianza.
Si fa quindi più pesante la politica di contrasto ad ogni critica da parte del presidente John Magufuli, soprannominato non a caso “Bulldozer“. Già in passato giornalisti e comuni cittadini sono finiti sotto accusa o in carcere per aver criticato il presidente e soprattutto per aver pubblicato tali critiche sui social media o persino su whatsapp.
Non sono rimasti immuni a questo comportamento censore e vessatorio i mainstream. Qualche mese fa un quotidiano indipendente, Mawio, è stato chiuso con divieto di pubblicazione per due anni. Il giornale era stato da subito sotto attacco e il comportamento del presidente, tra l’altro a pochi mesi dall’insediamento, non ha lasciato presagire nulla di buono. I fatti dimostrano che la realtà è anche peggiore delle previsioni. In un colpo solo “Bulldozer” mina libertà di espressione, di stampa e di informazione.
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