Lo ha promesso e lo ha fatto. Il Governo di Kampala ha introdotto la tassa sui social.
Dal 1 luglio chi vuole usare WhatsApp, Facebook, Twitter, Skype, LinkedIn e Instagram, tra gli altri, dovrà pagare.
Ma nell’elenco sono incluse tutte le piattaforme OTT (over-the-top) circa 60 che forniscono trasmissioni dati attraverso Internet.
Il costo è pari a 200 scellini al giorno (0.04 centesimi di euro), vale a dire 1 euro e 30 centesimi al mese in un Paese dove però ancora milioni di persone vivono con meno di 1 dollaro al giorno.
Il presidente Museveni ha spesso lamentato il fatto che i social siano “usati per fare gossip“ e per criticare (compreso lui e l’operato della sua amministrazione) ma all’atto di approvare il provvedimento, il Governo ha detto che quest’ultimo servirà a portare il paese, entro il 2020, a un livello di medio reddito.
Ma al di là delle contestazioni sull’effettivo beneficio per il Paese di questa misura, i cittadini, attivisti e organizzazioni per i diritti umani affermano che questa tassa di fatto viola la libertà di espressione e, oltretutto, limiterà le capacità di business. Sarebbe stato meglio, dicono le associazioni, aumentare la capacità di connessione. Questo sì che avrebbe giovato al Paese.
La nuova legge include anche la tassa dell’1% sulle transazioni mobile-money.
In Uganda circa 17 milioni di persone, il 41% della popolazione usa la rete. Facebook e Twitter sono i social più utilizzati.
In ogni caso molti ugandesi hanno già trovato la soluzione: utilizzare il VPN (Virtual Private Network) e così arginare la legge.
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