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Missioni di pace, 25 su 63 in Africa nel 2017. Ma aumenta il rischio e calano i fondi

Su 63 operazioni multilaterali di pace in tutto il mondo nel 2017, 25 sono state in Africa.

La presenza di operazioni più massiccia di tutti gli altri continenti, con un utilizzo di circa il 75% del personale di mantenimento della pace. Lo riporta l’ultimo annuario SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), Istituto di sui conflitti, gli armamenti e il disarmo.

In Europa sono state 18 le operazioni di mantenimento della pace, 9 in Medio Oriente, 6 in Asia e Oceania e 5 nelle Americhe.

Il numero totale di personale schierato nelle operazioni multilaterali di pace è diminuito del 4,5% nel 2017, da 152.822 a 145.911, diminuzione spiegata dal calo, del 7,6%, degli uomini delle Nazioni Unite, mentre il il numero di addetti alle operazioni non appartenenti all’ONU è aumentato del 2,3% a 47.557 unità.

L’ONU – si legge nel report – “rimane chiaramente l’attore principale nelle operazioni di pace, ma gli attori africani rivendicano un ruolo crescente nelle questioni di pace e sicurezza dei loro Paesi“.

La maggiore presenza africana nelle operazioni di pace è il risultato della costituzione, nel febbraio 2017, della forza comune del Gruppo dei Cinque per il Sahel (G5 Sahel).

Tuttavia, nel corso dell’anno si è registrata una maggiore insicurezza per il personale schierato nelle operazioni di pace delle Nazioni Unite. Inoltre va segnalata l’azione  dell’amministrazione statunitense, volta a ridurre drasticamente il budget di mantenimento della pace delle Nazioni Unite,

Lo scorso anno – dice ancora il SIPRI – le missioni ONU hanno visto una drammatica escalation di vittime legate ad atti ostili: da 34 nel 2016 a 61 nel 2017 soprattutto in Mali, nella Repubblica Centrafricana e nella Repubblica Democratica del Congo.

Meno soldi, meno sicurezza, così sembra suggerire il report. Non solo per il personale ma anche per i cittadini.

Nel 2017, si è dovuto fare i conti, infatti, con i tagli del finanziamento delle operazioni. Le riduzioni di bilancio e le relative riduzioni delle truppe hanno significato che l’ONU ha dovuto ripensare alla strategia in molti interventi.

È realistico aspettarsi che l’ONU continui a fare di più con meno e vale la pena correre il rischio?” si domanda Jair van der Lijn, direttore del programma SIPRI per le operazioni di pace e gestione dei conflitti.

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