Si chiama Lukasa (the long hand o the long claw – la lunga mano o artiglio) ed è una sorta di memoria esterna datata intorno al XIX-XX secolo. E qualcuno lo ha paragonato ad un antesignano dello smartphone.
Questo strano oggetto – 20-25 cm di lunghezza e circa 13 di larghezza che si può tenere nel palmo della mano, proprio come un cellulare – è una tavoletta di legno su cui sono sistemate in un certo ordine comprensibile a chi ne sa fare uso, perline colorate, pezzettini di metallo, conchiglie e una sorta di ideogrammi.
Fu creato e si diffuse presso il Luba Kingdom, uno dei popoli Bantu dell’Africa centrale e il più numeroso gruppo etnico della Repubblica Democratica del Congo.
Ma a cosa serviva, anzi a cosa serve visto che la pratica è ancora in corso? Il lukasa viene effettivamente utilizzato come “contenitore di memoria” dagli appartenenti al Mbudye una sorta di Consiglio di storici (uomini di memoria) di cui fanno parte uomini di prestigio nel clan e – pare – anche donne.
Sulla tavoletta sono in sostanza narrate le storie dell’impero Luba, le sue origini, le vicende dei re e personaggi importanti. E persino miti e leggende.
Non esiste, ovviamente un solo Lukasa, ma vari che trasmettono diversi tipi di informazioni e anche il modo di analizzare i segni può cambiare, come anche è molto importante l’oratoria e l’approfondita conoscenza storica di chi “legge” i segni contenuti sulla tavoletta.
Come dicevamo le indagini storiche confermano che i Mbudye usano ancora questi oggetti – insieme ad altri destinasti alla divinazione – per trasmettere ai nuovi governanti (ma non solo a loro) le tradizioni, le storie degli eroi, conoscenze e rituali sacri.
Insomma, per tenere viva la memoria.

Foto di Mary Nooter Roberts
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