In Somalia sarà intentato per la prima volta un processo contro le mutilazioni genitali femminili.
Lo ha reso noto la Reuters che ha citato la decisione del procuratore generale della Somalia, Ahmed Ali Dahir. Decisione presa in seguito all’ennesima morte di una bambina di 10 anni, che – accompagnata dalla madre – dopo essere stata sottoposta alla crudele pratica effettuata in modo tradizionale, ha subito una grave emorragia che si è rivelata fatale.
La morte di Deeqa ha spinto gli attivisti a rinnovare le richieste alla Somalia di approvare una legge sulle mutilazioni genitali femminili, pratica a cui viene sottoposta il 98% delle donne nel paese dell’Africa orientale – il più alto tasso al mondo, secondo i dati dell’ONU.
La costituzione somala proibisce le MGF, ma gli sforzi per approvare la legislazione per punire i trasgressori sono stati bloccati dai parlamentari che temono consenso elettorale.
La Somalia non ha una legge contro le MGF, ma il gruppo della campagna 28 Too Many afferma che i trasgressori potrebbero essere perseguiti in base al codice penale del Paese, che considera un reato causare un danno ad un altro.
Molte ragazze in Somalia si sottopongono alla forma più estrema dell’antico rituale in cui vengono rimossi i genitali esterni e viene cucita l’apertura vaginale. Deeqa era stata portata da sua madre da un circoncisore tradizionale il 14 luglio nello stato centrale di Galmudug, ed è morta in ospedale due giorni dopo.
Molti credono che il rituale sia una parte importante della loro tradizione e un obbligo religioso, sebbene non sia menzionato nel Corano. Il procuratore generale ha anche invitato i leader religiosi somali a usare la radio e la TV per parlare contro le MGF.
Categorie:africa news