Ibrahim Boubacar Keita è stato rieletto presidente del Mali. Keita ha riportato una schiacciante vittoria nel ballottaggio contro il rivale dell’opposizione Soumaila Cisse.
In questo secondo mandato il presidente dovrà affrontare – ancora – l’ondata di violenza militante etnica e islamista che da tempo attraversa il Paese, nonostante la presenza di forze di pace dell’ONU e truppe francesi.
A causa delle minacce dei jihadisti 500 seggi elettorali, circa il due per cento del totale, sono rimasti chiusi durante il ballottaggio di domenica scorsa e un funzionario elettorale è stato ucciso nel Nord di Niafunke, nella regione di Timbuctu.
Secondo quanto riporta la Reuters, Keita – IBK, come viene chiamato – ha ottenuto il 67 percento dei voti in un’elezione segnata, appunto, da attacchi militanti e rivendicazioni di frode da parte dell’opposizione.
L’affluenza alle urne è stata di oltre 2,7 milioni di persone pari solo al 34% dell’elettorato e i sostenitori di Cisse parlano di “manipolazione del voto“. Cisse, tra l’altro, aveva esplicitamente accusato Keita di non riuscire a controllare la violenza e di far prosperare la corruzione.
Durante le operazioni di spoglio c’è stata una lunga interruzione della connessione a Internet – e dunque ai social media – a cui non è stata data, da parte del Governo, alcuna giustificazione.
La situazione della sicurezza e la capacità dei militanti di diffondere la loro influenza in altri paesi dell’Africa occidentale rimane una grande preoccupazione per le potenze occidentali.
Le forze francesi sono intervenute per respingere una rivolta tuareg e islamista nel 2013, ma da allora la situazione è peggiorata e i jihadisti si sono diffusi dal Nord al centro e hanno persino preso di mira Bamako, la capitale – come nel 2015, quando uomini armati hanno ucciso 20 persone in un raid in un hotel – e i Paesi confinanti.
Come si sa il Mali è anche un importante punto di transito per i migranti che cercano di raggiungere l’Europa attraverso le coste del Nord Africa.
Il Paese rimane uno dei più poveri del mondo. Secondo le Nazioni Unite, circa il 60% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.
La popolazione inoltre vive in uno stato di perenne insicurezza e negli ultimi tre anni, gli attacchi dei jihadisti con legami con lo Stato islamico e al Qaeda sono triplicati e le morti violente sono raddoppiate, secondo quanto riporta il sito web Malilink.
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