Fermare immediatamente le espulsioni collettive di migranti africani in Niger. Lo chiede al Governo di Algeri il relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani dei migranti, Felipe Gonzalez Morales, che ha appena conclso una missione in Niger.
Secondo le stime dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), l’Algeria ha deportato in Niger 35.600 migranti dal 2014 – oltre 12.000 dall’inizio del 2018.
I rimpatri avengono senza nessuna certezza di diritto e attraverso abusi e violenze. Spesso nel mezzo della notte, i migranti vengono “rastrellati” e, senza dare neanche il tempo di raccogliere le proprie cose vengono portati alle stazioni di polizia, picchiati e deportati in autobus fino al confine con il Niger.
Così spiega il rapporto presentato alle Nazioni Unite.
Felipe Gonzalez Morales, nel suo rapporto, ha anche invitato il Niger a riformare la legge (approvata nel 2015) contro il contrabbando di migranti. Una legge che – dice il rappresentante ONU – penalizza non solo i trafficanti ma anche i migranti.
Il Niger, uno dei Paesi più poveri del continente africano è anche uno dei principali Paesi di transito di migranti verso l’Europa.
Atteggiamenti razzisti, maltrattamenti, espulsioni forzate, lavori pericolosi o con scarsa retribuzione, condizioni di vita difficili e precarie: è questo il quadro in cui vivono i migranti dell’Africa sub-sahariana in Algeria.
Tutt questo porta i migranti africani a vivere nell’ombra, cercando di nascondersi alla polizia e svolgendo lavori in nero, con nessuna prospettiva per il futuro o di miglioramento della loro condizione, di cui ne approfitta chi offre lavori a basso costo. Una manovalanza utile ma nello stesso tempo rifiutata.
La situazione è stata denunciata più volte, sia da ONG che da organizzazioni internazionali.
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