Oggi, 58 anni fa, veniva assassinato Patrice Lumumba, l’uomo che aveva osato sfidare i poteri e le prevaricazioni dei colonialisti occidentali. Primo ministro della Repubblica Democratica del Congo, da poco indipendente, voleva un Paese libero davvero, indipendente davvero, proiettato davvero in un futuro da costruire con le proprie mani.
Prima era Congo quell’immensa area del continente, che era diventata feudo privato di Leopoldo II, re del Belgio. Un luogo noto non solo per la ricchezza di risorse naturali, ma per le violenze a cui erano sottoposti i suoi abitanti, di fatto schiavi di re Leopoldo e dei suoi uomini che amministravano per suo conto territori, beni e persone. Fu un genocidio. Una storia di terrore, raccontata in modo eccellente e documentata nell’ormai celebre libro di Adam Hochschild.
Era il Congo belga, appunto, che quando conquistò l’indipendenza cominciò da subito a dare fastidio. Dava fastidio questo giovane e determinato leader che proprio a tenere piegata la testa non voleva prestarsi, che proprio non voleva adattarsi al modello occidentale – e per questo era accusato di essere troppo vicino all’ex Unione Sovietica.
E poi, era uno che pensava. Pensava con la sua testa e la lingua a posto non riusciva a tenerla. Anzi, fu con questi pensieri e quella lingua che segnò la sua “condanna a morte“.
Fu durante quel discorso tenuto il 30 giugno 1960, proprio in occasione della cerimonia dell’indipendenza. Tenuto dinanzi al re Baldovino, che al solito aveva pronunciato un discorso paternalistico. La risposta di Lumumba, chiara, semplice, affrancata da secoli di assoggettamento, fece tremare i polsi a molti. Lasciò esterrefatti. E fece pensare che le cose in Africa con lui e altri come lui potevano davvero cambiare. Che il continente poteva davvero tornare ed essere libero.
E poi faceva paura quella che era considerata una vicinanza alla visione comunista. All’URSS, a Nikita Kruscev, il primo ministro aveva chiesto aiuto per sedare la ribellione separatista del Katanga. Lumumba, insomma era un personaggio davvero scomodo.
Di seguito alcuni passi di quel discorso che segnò la storia.
Siamo orgogliosi sino nel più profondo del nostro animo, di aver dato vita ad una lotta che è stata di lacrime, sangue e fuoco, perché si trattava di una lotta nobile e giusta e necessaria per por termine all’umiliante schiavitù che ci hanno imposto con la forza.Questa è stata la nostra sorte in ottant’anni di regime coloniale e le nostre ferite sono troppo fresche e dolorose per poter essere cancellate dalla memoria. Potremo dimenticarcene noi che conosciamo il lavoro estenuante che non ci permette di soddisfare la nostra fame, vestire e abituare con dignità, educare i nostri figli come si richiede?
Chi dimenticherà che al negro si dava del tu, non come ad un amico, ma perché il dar del voi era riservato unicamente ai bianchi? Noi che abbiamo visto saccheggiare la nostra terra in nome di principi falsamente legali che riconoscevano solo il diritto del più forte? Noi che abbiamo visto come la legge non era mai la stessa, ma diversa per i bianchi e per i negri, correggibile quando si applicava ai primi, crudele e inumana per i secondi? Noi che abbiamo conosciuto le sofferenze atroci di coloro che sono disprezzati per la loro opinione politica o per la loro fede religiosa: esiliati nella nostra stessa patria, con una sorte peggiore della stessa morte?
Uniti, fratelli miei, cominciamo una nuova lotta, una lotta sublime che deve portare il nostro paese alla pace, alla prosperità, alla grandezza.Noi stabiliremo, uniti, un regime di giustizia sociale e assicureremo a ciascuno la giusta retribuzione per il suo lavoro.Noi dimostreremo al mondo ciò che può fare il negro quando lavora in libertà e faremo del Congo un centro che irradierà luce su tutta l’Africa.
Dopo pochi mesi Lumumba fu ucciso, Orrendamente. Prima umiliato e picchiato, poi il corpo fu crivellato di colpi, fatto a pezzi e sciolto nell’acido. Col tempo si ricostruirono quei brutti momenti e, soprattutto, si parlò dei mandanti: Belgio e CIA. Ma, come in tutte le brutte storie come questa continuano – ancora oggi – affermazioni e smentite. Qui una ricostruzione dei fatti.
Ciò che conta sono le convinzioni di Lumumba. E quello che aveva capito stava accadendo. Convinzioni non superate, anche se messe da parte per adeguarsi al volere e al modello occidentale.
Il Terzo mondo è uno stato mentale e finché noi africani non cambieremo questa attitudine se ne fosse un quarto, quinto o anche sesto, è lì che noi saremmo.
Verrà il giorno in cui la storia parlerà. Ma non sarà la storia insegnata a Bruxelles, a Parigi, a Washington o alle Nazioni Unite … L’Africa scriverà la sua storia e dal Nord al Sud sarà una storia di gloria e dignità.
Sappiamo che l’Africa non è né francese, né britannica, né americana, né russa, che è africana. Conosciamo gli obiettivi dell’Occidente. Ieri ci hanno divisi a livello di tribù, clan e villaggio… Vogliono creare blocchi antagonisti, satelliti…
Categorie:africa news
Terribili le storie criminali che le “grandi” democrazie hanno organizzato per dominare il mondo, a tutte le latitudini.
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