La storia di Alpha Kaba, giornalista guineano costretto a lasciare il suo Paese dopo aver ricevuto minacce di morte, passato per l’inferno libico, venduto come schiavo, è oggi racchiusa in un libro.
In “Esclave des milices” – Voyage au but de l’enfer lybien – Kaba racconta la sua odissea e quella di migliaia di altre persone. E mentre la racconta – dice – queste cose ancora stanno accadendo. Queste cose sono le torture, le violenze sessuali, la schiavitù, appunto.
Schiavo delle milizie entra in quel “viaggio al centro dell’inferno libico” che è fatto di abusi su cui l’Europa chiude gli occhi, e anzi alimenta con le sue politiche. “Si tratta di crimini contro l’umanità” ha detto senza giri di parole Kaba.
Il documentario d’animazione si intitola “Alpha, la voix de l’exil” (Alpha, la voce dell’esilio) è stato realizzato da Elliot Rambeau e prodotto dalla IJBA (Istituto di Giornalismo di Bordeaux Aquitania), dove il giovane giornalista ha cominciato a muovere i primi passi della ricostruzione della sua vita e della sua carriera giornalistica.
Da sei anni lavorava come giornalista sportivo in una radio del suo Paese, la Guinea, quando le sue frecciate critiche nei confronti del Governo hanno cominciato a procurargli dei problemi. Per evitare le conseguenze delle minacce – sempre più frequenti – e la prigione, a un certo punto decise di scappare verso l’Europa, passando dal deserto.
L’arrivo in Libia fu fatale. Catturato dalle milizie fu venduto come schiavo per 200 euro. Tre anni è durata quella vita, finché non è riuscito a fuggire, arrivare alla frontiera italo francese e da lì a Bordeaux (dove tuttora vive). Dopo un anno ha ricevuto asilo politico.
Grazie all’Istituto di giornalismo che ha sede in quella città ha ripreso a fare il suo lavoro, cominciando altre specializzazioni.
Ma era importante, per sé e per gli altri, che raccontasse la sua storia. Sua e di moltissime altre persone, che sono ancora lì. Nell’inferno della Libia dove – come testimoniarono nel 2017 le immagini della CNN – – nel XX! secolo ancora si vendono esseri umani in catene.
Proprio perché sono giornalista – ha detto – non posso tacere. È mio dovere parlare a nome di tutte quelle persone che sono ancora là.
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