“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. È la legge che individuò Lavoisier , uno scienziato del ‘700, iniziatore della chimica moderna.
Questo principio si può applicare anche a quei numerosi artisti, tanti di loro sono africani, che utilizzano materiale riciclato per creare opere. Sì, creare. Perché se Lavoisier si riferiva alla natura e alla relazione continua tra gli elementi, qui parliamo di una scelta: quella di far rivivere oggetti che altrimenti andrebbero buttati via e resterebbero a inquinare un mondo già segnato da sporcizia e residui.
Oggi parliamo di Ernest Nkwocha, nigeriano con sede a Lagos, che usa vecchi pneumatici per realizzare opere d’arte.
Nella capitale nigeriana, come altrove nel mondo, c’è l’abitudine di lasciare cose vecchie e non più utilizzabili un po’ in giro. Perché non dare a questi oggetti nuova vita? Addirittura dignità d’arte? Detto fatto.
E così un pneumatico da materiale inquinante in fase di smaltimento (pensiamo solo alle diossine prodotte quando se ne dà fuoco), si tramuta in oggetto da abbellimento e messaggio. Di denuncia ambientale o altro poco importa.
Magari l’arte di Nkwocha e la sua creatività potrebbero essere d’ispirazione ad altri. Osservando tanti rifiuti e oggetti divenuti inutili ci si potrebbe domandare se davvero sono così inservibili.
A volte l’uso di materiali della quotidianità può dar vita a stili e scuole, come l’Afrogallonism (tanto per citarne uno). Taniche di plastica trasformate in oggetto d’arte. L’idea è del ghanese, Serge Attukwei Clottey, il cui lavoro sta a metà strada tra la protesta e l’espressione artistica.
Uno dei sempre più numerosi esempi di artisti che sanno fare tesoro dell’ambiente circostante e dei suoi… residui. Ed entrare nel novero dell’arte contemporanea.
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