Quante donne, ragazze, bambine e persino bambini sono stati abusati dalle forze di pace dell’ONU non lo sapremo probabilmente mai.
Violenze perpetrate dai caschi blu di missioni il cui scopo era difendere i civili, ma che invece per molti di questi civili si sono trasformate in un ulteriore inferno.
Se ne ritorna a parlare di tanto in tanto, ma non perché nel frattempo ci siano state condanne.
Un documento entrato in possesso di The New Humanitarian, mostra una serie di errori, insabbiamenti, inaccuratezza nelle indagini riguardanti peacekeepers del Burundi e del Gabon.
La missione era quella in corso nella Repubblica Centrafricana, le forze ONU si trovavano in quel territorio martoriato da un terribile e lungo conflitto civile cominciato nel 2012 e che – nonostante le mediazioni e gli annunci di pace – non è mai cessato del tutto.
Almeno 130 le donne e ragazze – parliamo solo dei fatti riferiti al 2016 – avevano trovato il coraggio di denunciare le violenze sessuali, spesso in cambio della promessa di un po’ di cibo. Su quei fatti l’Ufficio di supervisione interna delle Nazioni Unite (OIOS) aveva aperto un’inchiesta, ma ora, ancora una volta, si scopre che la verità e la giustizia hanno lasciato il posto ad una sorta di “protezione” dei colpevoli.
Del resto la missione MINUSCA, è da molti anni oggetto di vergogna, per il record di abusi sessuali di cui spesso si è macchiata. E non solo i contingenti africani.
Il documento – portato a galla dalla testata fondata dalle stesse Nazioni Unite, oggi indipendente – si riferisce solo a fatti avvenuti a Dekoa, nella prefettura di Kémo.
Per quegli abusi, dunque, nessuno ha ancora pagato. Come in molti altri casi. Quando accuse di abusi su minori toccarono il contingente delle Nazioni Unite dello Sri Lanka ad Haiti, nel 2007, tutto quello che si fece fu rispedire 100 soldati cingalesi a casa. Nessuno andò in prigione.
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