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La recessione economica in Africa rischia di essere, e forse lo è già, peggiore del virus. 50 mln a rischio povertà

Per la prima volta in 25 anni l’Africa sub-sahariana subirà una forte recessione economica. Lo dicono le analisi della Banca Mondiale che ha valutato l’impatto del Covid-19 nella regione.

Una serie di ricerche prevedono che 13 milioni di africani si troveranno al di sotto della soglia di povertà alla fine di quest’anno. Ma questa è solo l’ipotesi migliore, nel peggiore dei casi, invece, saranno 50 milioni le persone che si troveranno a vivere al di sotto di quella soglia.

La crescita del PIL pro capite della regione sub-sahariana è ora scesa a meno 3-5%, il che significa che il numero di africani che vivono con meno di 1,9 dollari al giorno aumenterà probabilmente di 2 punti percentuali dal 41,6% stimato al alla fine del 2018 al 43,9 per cento alla fine del 2020.

Il Continente, che nel corso degli anni ha ottenuto importanti progressi nella riduzione della povertà grazie anche al miglioramento delle politiche e delle governance, ha visto i livelli di povertà scendere dal 46,6% nel 2010 al 41,6% nel 2018. Le prospettive della Banca Mondiale indicano però che ora ci sarà un’inversione di rotta che naturalmente inciderà soprattutto su economie e settori già fragili.

Il lockdown ha cambiato le abitudini delle persone e impedito loro di gestire la propria economia familiare, specialmente per quelli – e sono la grande maggioranza degli africani – che lavorano nei settori informali. Milioni di bambini ancora non sono tornati a scuola. Non è chiaro quando le scuole riapriranno e alcuni studenti potrebbero non tornarvi mai più. Gli effetti a medio e lungo termine che questo determinerà sono ovvie.

Si pensa che molte madri e bambini stiano morendo, o moriranno, per malattie che sarebbero prevenibili, ma è notevolnmente diminuita, se non in alcuni casi scomparsa, la prevenzione e l’assistenza per altre malattie. Anche queste – rileva la Banca Mondiale – sono enormi battute d’arresto, che mettono in pericolo anni di progressi nella regione.

La chiusure di attività e interruzioni dei mercati ha portato a gravi perdite nei posti di lavoro. E le conseguenti perdite di reddito sono state enormi.

In Etiopia, il 45% delle famiglie urbane e il 55% delle famiglie rurali hanno avuto perdite di reddito dovute alla pandemia e alle misure presa per contrastarla.

In Nigeria, addirittura il 79% dele persone che hanno preso parte al sondaggio effettuato dalla Banca Mondiale, ha segnalato perdite di reddito e il 42% di coloro che erano precedentemente occupati non lavora più. Anche i trasferimenti dalle rimesse locali e internazionali sono evaporati poiché anche i lavoratori nelle aree urbane e i migranti internazionali sono stati duramente colpiti.


In Kenya, si stima che oltre un milione di lavoratori siano rimasti senza lavoro o mandati in congedo obbligatorio non retribuito. Un ulteriore 80% degli abitanti delle città non è ora in grado di inviare denaro ai propri parenti.

Gi effetti più negativi si registrano nelle aree urbane mentre la perdita economica – continua l’analisi – è risultata maggiore per i lavoratori a basso reddito e informali. Tra i settori maggiormente colpiti il turismo, la vendita al dettaglio e la distribuzione.

Il Covid sta facendo cambiare la geografia dei poveri: prima della pandemia 2 africani poveri su 10 vivevano nelle aree urbane. Dopo il Covid-19, il rapporto è di 3 su 10.

Le misure adottate da alcuni Governi – trasferimenti di denaro, distribuzioni di cibo, riduzioni fiscali – non sono certo sufficienti.

Prima della pandemia, l’Africa subsahariana registrava una media di crescita del 6%, tra i tassi di crescita più alti al mondo. Le previsioni affermavano che la popolazione del continente che viveva con meno di 1,9 dollari al giorno avrebbe dovuto scendere al di sotto del 40% per la prima volta entro la fine del 2021. Ora, tutto è cambiato.

Il paradosso sta nel fatto che il continente ha la più bassa percentuale di casi di Covid-19 e di morti derivate dal virus. I motivi sono oggetto di analisi, e le ipotesi vanno al mancato accertamento (i casi dunque sarebbero sottostimati) alla diffusione di anticorpi nelle popolazioni (e le ricerche in questa direzione stanno dando ottimi riscontri).

Allora forse bisognerebbe valutare se le misure prese in Africa ricalcando quelle dell’Europa abbiano avuto un senso o se si poteva agire in modo diverso e più aderente al “caso africano”.

Se si continuano a tenere chiuse frontiere, scuole, attività o a prolungare restrizioni di vario tipo le conseguenze saranno peggiori del virus e risollevarsi a quel punto sarà davvero difficile.

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