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“Swazi Gold”, la cannabis migliore: ora vuole metterci le mani il Governo. Ma i coltivatori Eswatini dicono no

Mentre sempre più Paesi africani stanno legalizzando parzialmente o completamente la cannabis, nel regno sudafricano di Eswatini attivisti e piccoli agricoltori si stanno opponendo ad una legge che il Governo ha messo in discussione dal 2020 – e che vorrebbe sostituire una legge coloniale che risale al 1922 – ma che non si riesce ad approvare proprio a causa delle proteste interne.

Si ritiene che il disegno di legge, una volta approvato e che propone di legalizzare la sostanza per scopi medicinali e di ricerca, finirebbe per minare un commercio che per decenni ha fornito un reddito significativo a moltissime famiglie.

Il piccolo Paese stretto tra Sudafrica e Mozambico, ha una popolazione di circa 1,2 milioni di abitanti e un tasso di disoccupazione del 24%. L’industria del tessile, la lavorazione dello zucchero e l’agricoltura, non riescono a coprire la necessità di impiego e la coltivazione della cannabis – che viene anche esportata in Paesi limitrofi, specie in Sudafrica – è una fonte di reddito certa.

Va detto che la qualità è considerata tra le migliori ed è quindi molto richiesta. Senza contare che viene anche utilizzata a scopo terapeutico da guaritori locali e che rappresenta un’attrazione per i turisti, soprattutto quella coltivata in un’area specifica del Paese, la regione nord-occidentale di Hhohho.

L’area è sotto scrutinio per favorirne altri tipi di coltivazioni, considerata la ricchezza del suo suolo. Cosa che non convince i coltivatori tradizionali di insangu (o anche dagga, termini swazi con cui si indica la marijuana). Si stima che siano il 75% i piccoli agricoltori nelle isolate valli montane di Hhohho che la coltivano.

Ma se per gli anziani dei villaggi coltivare la “swazi gold” vuol dire dare da mangiare a figli e nipoti, i piani per la legalizzazione potrebbero portare ad affari molto più lucrativi di adesso, anche se – affermano gli oppositori della legge – ad avvantaggiarsene sarebbe solo l’élite del Paese. Non dimentichiamo che Eswatini è una monarchia assoluta dove i partiti sono stati banditi nel 1973 e chiunque esprima opinioni contrarie al Governo rischia il carcere o l’esilio.

Saladin Magagula, presidente della Eswatini Cannabis Asociation (ECA), ha dichiarato a Semafor Africa che l’obiettivo del disegno di legge è esclusivamente quello di creare un nuovo potente regolatore, la Medicines Regulatory Authority.

La preoccupazione è che l’MRA possa “importare, esportare e commerciare all’ingrosso, cannabis e prodotti a base di cannabis. Non possono essere al tempo stesso sia l’arbitro che il giocatore“, ha detto Magagula.

Inutile dire che il Governo difende la sua proposta di legge.

Secondo il ministro della salute, Lizzie Nkosi, la legalizzazione della cannabis, tra le altre cose, offrirà al paese l’opportunità di fabbricare vari prodotti con un impatto positivo sull’economia e darà agli attuali coltivatori legittimità e opportunità di far parte in modo legittimato di una industria in crescita. Oltretutto, si afferma, tali lavoratori non farebbero più ufficialmente parte della schiera di disoccupati.

Comunque andrà, non c’è alcun dubbio sull’esperienza dei coltivatori swazi di marijuana, esperienza che potrebbe tornare utile persino al Governo, che potrebbe magari decidere di ascoltarli nella fase di emendamento alla legge, modifiche richieste da  tempo.

Qui un approfondimento sulla storia e l’uso della cannabis in Eswatini.

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