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Quando la regina del rock’n’roll cominciò a ballare ai ritmi ancestrali. Il viaggio di Tina Turner in Ghana

Era il 6 marzo del 1971. Il Ghana celebrava 14 anni di indipendenza dalla Gran Bretagna e aveva deciso di farlo con un grande concerto. Uno dei più grandi concerti rock che il Paese avrebbe mai ospitato.

Protagonista indiscussa fu lei, Tina Turner, all’epoca ancora in partnership – artistica e sentimentale – con Ike Turner da cui avrebbe divorziato pochissimi anni dopo a causa delle violenze fisiche e degli abusi che Tina aveva deciso di non sopportare più.

Fu un evento storico – ospitato nella Black Star Square nella capitale, Accra. Si trattava dell’Independence Day Concert durante il quale l’energia si sprigionò senza limiti con la gente che continuò a ballare fino al mattino.

Soul to Soul“, il titolo dell’evento che in seguito sarebbe stato riprodotto in un film documentario con lo stesso nome. Ancora oggi le cronache ricordano la folle enorme che accolse il gruppo di artisti all’aeroporto.

Del resto non si trattava solo di un evento musicale, ma che aveva lo scopo di intrecciare le radici afro-americane.

Così si legge nella sinossi del doc: “nel marzo 1971, dozzine di musicisti afro-americani viaggiarono da New York al Ghana per esibirsi in concerto. In definitiva, il viaggio riguardava le loro radici personali, la patria ancestrale e la storia”.

Questo documentario, si legge ancora: “cattura la storia delle anime nere americane che si connettono con le anime nere dell’Africa occidentale attraverso la musica”.

Non c’erano solo lei ed Ike, ma – tra gli altri – anche Wilson Pickett, le Staple Singers, Roberta Flack. Era la prima volta che Tina Turner, insieme agli altri musicisti, visitarono l’Africa. Ed era la prima volta che l’artista incontrava i suoni e l’anima africana in terra d’Africa.

Reagì così: seguendo il ritmo ancestrale e mischiandosi tra i danzatori sulla terra battuta. Come avrebbe potuto restarsene soltanto ferma a guardare e ascoltare?

L’energia era lì, massiccia, densa e lei ne creò di nuova.

In seguito Tina Turner – all’epoca aveva già cominciato un’altra vita lontana da Ike – fu in Sudafrica dove si esibì in diverse date, nel 1979 e nel 1996.

In realtà fu all’epoca che si cominciò a discutere del fatto che rinnegasse la sua africanità.

Durante il viaggio in Sudafrica, ancora in pieno Apartheid le fu conferito lo status di “bianca onoraria”, ma nel 1985 pubblicamente – e in varie interviste – disse di essersi pentita di aver accettato quel titolo. “All’epoca ero ingenua riguardo alla politica del Sudafrica” disse. Tuttavia promise che non si sarebbe più esibita in quel Paese “continuerò a rifiutare offerte finché prevarranno le circostanze attuali”. Rimase fedele a questa promessa, tornando in Sudafrica solo dopo la fine del regime segregazionista.

Tina Turner fu anche oggetto di critiche per i suoi commenti sull’Africa, sulla “pigrizia” dei suoi abitanti, sul cibo che non apprezzava. Dimenticando che la cultura, la storia, i modi di vedere degli afro-americani sono profondamente diversi dagli africani.

Alcuni hanno voluto “giustificare” queste dichiarazioni come conseguenza dello stress post-traumatico, generato da tanti anni di violenze da parte di un marito afro-americano; qualcun altro vi ha visto una reazione alle difficoltà per una donna nera di farsi spazio nella società e nello star system; altri ancora hanno criticato il suo non esporsi sulle questioni e sulle lotte degli afro-americani, il suo distanziarsi da tutto ciò che fosse “nero” rispetto alla sua “seconda vita” più da europea che da afro-americana (evidenziata anche dal suo secondo partner e dalla scelta di vivere in Svizzera).

Insomma, quale era il reale legame con il suo essere nera? Forse non è necessaria alcuna risposta. Andare oltre i cliché, vivere con libertà e orgoglio la propria vita e la potenza della propria energia è quello che la regina del rock ha fatto.  

Inscatolare persone come lei è una perdita di tempo. E una mancanza di rispetto.  

Del resto in una intervista lo aveva detto: “non sono mai stata infastidita dal mio colore. Se il mondo intero fosse così, forse ci sarebbe più armonia e amore“.

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